Copertine
La storia di un giovane attratto irresistibilmente da una fanciulla incontrata casualmente per strada, fu definita da Dostojevskij stesso “un romanzo sentimentale”. La trasformazione da simpatia in amore del solitario sognatore viene stroncata quando proprio in lui nasce l’illusione che l’amore sia ricambiato e che non sia più per “l’altro” che invece riappare all’improvviso e accoglie tra le sue braccia la ragazza; non resta quindi che il ritorno alla solitudine, alla sofferenza, al non saper vivere come gli altri e a non districarsi dal labirinto che il vizio delle fantasie gli ha tessuto attorno. Ambientato nelle crepuscolari notti nordiche di Pietroburgo, il racconto uscì nel 1848 su “Otèčestvennie Zapíski”.
Numerose le trasposizioni sceniche; da ricordare almeno la riduzione ceca per il teatro d’avanguardia di E. F. Burian, rappresentata a Praga nel 1946. Note anche le trasposizioni cinematografiche. Completano il volume due racconti. Le tappe della follia narra dell’amicizia tra due giovani, Vassia e Arcadio e il tentativo disperato e angosciante di Arcadio di allontanare Vassia dall’abisso del buio della mente. Memorabili alcune pagine che descrivono l’avanzare della psicosi di Vassia e l’impotente disperazione delle persone a lui vicine per affetto. Il primo amore narra invece con delicatezza i primi turbamenti sentimentali di un undicenne messo di fronte alle traversie d’amore di una giovane donna che a lui comunque si affeziona.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
La notte era bella, meravigliosa – una di quelle notti, caro lettore, che soltanto la giovinezza può comprendere pienamente.
Il cielo così stellato, così tranquillo, che riguardandolo ci si domandava: «È possibile che esistano uomini cattivi sotto un simile cielo, così bello e festosamente scintillante?»
E questo pensiero è anch’esso un pensiero di mente giovane, caro lettore, della più ingenua giovinezza. Oh, possiate avere spesso di tali pensieri!
Pensando ai «cattivi» io pensai pure, e non senza compiacimento, al modo col quale avevo impiegato il mio tempo durante la giornata che era appena allora finita.
Durante la mattinata ero stato assalito da uno strano disappunto: mi sembrava che tutti mi sfuggissero, sicché in breve mi ritrovai assolutamente solo.
Certamente, ciascuno di voi sarebbe in diritto di chiedermi: «Che cosa intendete dire con la parola ‘tutti’?»
Fatto sta che io, durante gli otto anni dacché vivo a Pietroburgo, non sono riuscito a farmi un amico, uno solo. Ma a che mi servirebbero gli amici?
Amica mia è Pietroburgo intera.
Però, se questa mattina m’era sembrato che tutti mi sfuggissero, s’allontanassero da me, ciò era dipeso certo dal fatto che tutti si affrettavano a lasciar la città per andarsene in campagna. Ed io mi spaventai all’idea di trovarmi solo.
Da tre giorni quest’idea era germinata in me senza che potessi spiegarmene il perché. Durante questi tre giorni errai per la città, profondamente triste, senza nulla comprendere di ciò che mi avveniva dentro.